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Il Laboratorio Pazienti Adulti all’Adult Cystic Fibrosis Conference di Milano del 1-2 Dicembre 2023: riflessioni e commenti dei due partecipanti Sara Latini e Francesco Sfredda

Sara Latini e Francesco Sfredda, due componenti del Laboratorio Pazienti Adulti LIFC, hanno partecipato lo scorso 1 e 2 Dicembre, su invito del Prof. Francesco Blasi, al Convegno sul Paziente Adulto con Fibrosi Cistica organizzato congiuntamente dalla European Respiratory Society e dalla European Cystic Fibrosis Society.

Scopo della due giorni l’approfondimento dello stato dell’arte sui recenti progressi nella gestione degli adulti con Fibrosi Cistica. Abbiamo chiesto a Sara e Francesco di condividere con noi la loro esperienza e cosa si sono portati a casa da quanto emerso nelle sessioni del convegno: il loro contributo è molto importante per recepire il bisogno dei pazienti e tramutarlo in azioni concrete di advocacy, tutela e miglioramento della qualità di vita e delle cure.

Ringraziamo Sara e Francesco per la loro disponibilità e il loro impegno attivo nell’Associazione come componenti del Laboratorio Pazienti Adulti LIFC, l’organo consultivo che rappresenta il punto di vista delle persone adulte con FC e offre opportunità di ascolto e condivisione di esigenze e bisogni.

Sara

Nella Adult Cystic Fibrosis Conference del 1-2 Dicembre a Milano già si è iniziato a parlare del futuro della Fibrosi Cistica dopo la prossima estensione dei modulatori anche ai pazienti non DeltaF508, sia dal punto di vista clinico che organizzativo. Ad esempio nel 2024 partiranno sia in UK che in EU dei trials clinici volti a studi di terapia genica in cui tramite vettori virali (Adenovirus o Lentivirus) si cercherà di far ricombinare il gene CFTR sano nelle cellule polmonari e altri trials che prevedono l’uso di terapie ad mRNA, tecniche potenzialmente risolutive anche per quei pazienti FC portatori di una doppia mutazione di stop (tra le poche mutazioni che rimarranno fuori dall’ utilizzo dei modulatori).

Inoltre si è parlato di come le persone con FC che fanno uso di modulatori spesso interrompono le terapie polmonari quotidiane. Dati emergenti confermano che è di fondamentale importanza continuare ad essere costanti nelle terapie perché l’interruzione della terapia sintomatica non è ancora giustificata, i dati attuali non sono sufficientemente convincenti al riguardo. Ad esempio le colonizzazioni batteriche croniche, che inizialmente con l’uso dei modulatori sembrano retrocedere, in un secondo momento possono tornare all’ attacco e comunque è necessaria un’osservazione caso per caso perché molto dipende dallo stato della funzione polmonare al momento dell’ assunzione del modulatore. Infatti, sembra che la riduzione dell’intensità del trattamento sintomatico possa dipendere in gran parte dallo stadio della malattia e necessiti di un approccio molto individuale. Gli studi che sono in corso potranno dare ulteriori prospettive nei prossimi 12 mesi.

Quel che è certo però è che il panorama FC sta cambiando rapidamente e sono necessarie prove che guidino il processo decisionale futuro. Nel corso del prossimo decennio quindi, l’impatto dell’espansione dei modulatori per la CF sarà sempre più avvertito e si dovrà affrontare la gestione di questo flusso di pazienti FC adulti. La prospettiva di vita per le nuove diagnosi FC ora è calcolata infatti intorno agli 83 anni di vita. Per questo si renderanno necessari centri FC per adulti e programmi di formazione per il loro personale. Al “normale” pacchetto di controlli a cui un paziente FC è periodicamente sottoposto, è di fondamentale importanza affiancare nuove visite specialistiche come la valutazione cardiovascolare completa; lo screening periodico per alcune forme di cancro (come colposcopia e collo dell’ utero); monitoraggio del diabete e della densità ossea per altre complicazioni legate all’invecchiamento del paziente CF ed ovviamente anche per  il monitoraggio degli effetti secondari e a lungo termine dei modulatori.

Francesco

È stato bello e prezioso essere uno dei due rappresentanti del Laboratorio Pazienti Adulti di LIFC a partecipare, grazie alla possibilità offerta dal Prof. Francesco Blasi, alla Adult CF Conference che si è tenuta l’1 e il 2 dicembre nella sede centrale dell’Università Statale di Milano.

È stato bello e prezioso per le tante novità emerse nel corso della due giorni, certamente; ma anche per l’esperienza, non comune, di essere ospiti di un evento pensato per soli clinici, e osservare da vicino la forma mentis che guida lo scienziato della salute, oltre che nella sua pratica clinica, anche in quella di ricerca, aggiornamento e formazione reciproca.

Il fatto è che quando incontriamo i nostri clinici nei centri non li incontriamo mai veramente faccia a faccia. A separarci c’è una parete di cristallo fatta di deontologia, professionalità e rispetto dei rispettivi ruoli. L’1 e il 2 dicembre però non eravamo nei centri: eravamo in Università. E in Università quella barriera era completamente rimossa. Eravamo ospiti discreti e soprannumerari, intenti a formarci scientificamente su noi stessi, esattamente come si stavano reciprocamente formando, su quelli come noi, i nostri compagni di viaggio, dal luminare di fama internazionale al giovane specializzando.

Il menù della conferenza è stato ricchissimo, impossibile da riassumere compiutamente. Si può solo tentare una carrellata dei temi rimasti più vividi nella memoria: lo straordinario impatto dei modulatori sulla speranza di vita di chi comincia ad assumerli da bambino (82,5 anni!), i loro effetti avversi e le strategie per gestirli, le difficoltà metodologiche degli screening neonatali, il trattamento delle infiammazioni nelle bronchiectasie, le prospettive terapeutiche per le mutazioni orfane, lo stato dell’arte sulle questioni legate alla genitorialità, i dibattiti scientifici su temi ancora controversi (sospendere o no le terapie aerosoliche se si sta meglio dopo il Trikafta? Come ripensare i centri FC e la routine dei controlli periodici?).

Poter partecipare a questi confronti è stato un privilegio, e cercheremo di ripagarlo portando quanto emerso, nei limiti del possibile, ai nostri centri e alle nostre realtà associative.

Mi viene da pensare che se la qualifica di “paziente esperto” ha un senso lo ha anche in quanto correlata a esperienze di questo tipo; e “mettere il paziente al centro”, qualche volta, può anche voler dire metterlo nel ruolo di ospite discreto, soprannumerario, ma finalmente senza barriere di separazione tra noi e la scienza.