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Quale scenario per le cure in fibrosi cistica dopo l’emergenza sanitaria?

Riportiamo in questa news la risposta del dottor Marco Cipolli, Presidente SIFC, alla legittima preoccupazione di un paziente circa l’impatto che le misure messe in atto per prevenire il contagio da Covid-19 e per gestire l’emergenza sanitaria che ne è derivata, potranno avere avere sui programmi di cure, sulla organizzazione strutturale dei Centri FC e sullo stato di salute delle persone con fibrosi cistica.

In questi mesi il sistema sanitario nazionale (SSN) si è impegnato per una situazione che possiamo definire insieme nuova e traumatica. 

Ogni Regione, Comune, Ospedale in Italia ha risposto secondo le proprie strategie organizzative ed il diverso impatto con il quale il COVID-19 si è diffuso nel territorio.

L’organizzazione dei Centri FC ha risentito della situazione con riduzione degli accessi ambulatoriali e dei ricoveri per limitare il più possibile il rischio di contagio tra i pazienti FC, in ogni caso cercando sempre di sostenere al meglio i pazienti.

Ad oggi possiamo dire che il sistema organizzativo ha risposto efficacemente e le notizie che possiamo anticipare sono indicativamente positive per la FC. La SIFC conta di poter fornire dati precisi rispetto all’impatto del COVID-19 sulla entro il mese di giugno, questo consentirà di avere un quadro della situazione che ci permetterà di organizzarci al meglio per  affrontare una eventuale ripresa dell’infezione nel periodo invernale prossimo. 

Veniamo ora alla sua preoccupazione principale: quale impatto questa situazione può o potrà avere sui programmi di cure, sulla organizzazione strutturale dei Centri FC e quindi, alla fine, sullo stato di salute dei pazienti FC. La risposta che mi sentirei di darle, coerentemente con quanto effettivamente accaduto sinora, è che non avrà ripercussioni.  Potrebbero esserci delle zone in cui l’impatto del COVID-19 determinerà per il futuro una qualche riorganizzazione all’interno degli Ospedali che potrebbe coinvolgere alcuni Centri.

Penso ad esempio a Centri per l’adulto con sede nelle pneumologie o nei reparti di malattie infettive e che in questi mesi hanno sicuramente sofferto della situazione. Possiamo però cercare, nella difficoltà, di cogliere l’opportunità almeno per alcuni casi di una discussione con le amministrazioni per una riorganizzazione che tenga conto dei pazienti FC, garantendo loro la continuità delle cure così come la sicurezza dei luoghi di cura anche nei momenti di emergenza. 

Compito della SIFC e della LIFC sarà quello di operare insieme per poter fornire tutto il supporto necessario nelle situazioni critiche cercando di consentire a tutti i pazienti FC di usufruire del miglior livello di cure possibili.”

A cura del dottor Marco Cipolli, Presidente SIFC

 

Caro Dottore,

Com’era inevitabile, la rapida diffusione nel nostro Paese dell’emergenza CoVid non ha risparmiato il mondo della fibrosi cistica.

I vari sistemi sanitari regionali hanno dovuto reinventare in pochi giorni la propria rete organizzativa, e nella grande maggioranza dei casi hanno provveduto con grande celerità, grazie alla professionalità e all’abnegazione del personale sanitario. Questo ha causato una ovvia rimodulazione di tutte le attività già in essere, fra cui le cure ai pazienti affetti da fibrosi cistica – patologia ad espressione prevalentemente polmonare, i cui clinici sono quindi particolarmente preziosi nella lotta contro il CoVid-19.

Le nostre diramazioni sul territorio ci segnalano una varietà di formule organizzative adottate dalle singole Regioni italiane, e dalle ASL sede di centri di cura della fibrosi cistica. Quasi ovunque si è deciso lo stop alle attività di day hospital non urgenti, anche in ottemperanza a indicazioni governative. In molti casi si è poi andato a impattare anche sulla offerta di cure in degenza, con trasferimenti, riduzione di posti letto, riduzione di personale medico a disposizione o addirittura, nei casi più estremi, condivisione di personale e di spazi con reparti destinati alla cura del CoVid-19.

Si tratta indubbiamente di un sacrificio necessario, per quanto doloroso, al quale il mondo della fibrosi cistica, in un tempo di vera emergenza nazionale, non può sottrarsi.

E tuttavia, caro Dottore, appare ogni giorno più chiaro che la mobilitazione contro il CoVid durerà verosimilmente molto più del breve lasso di tempo originariamente stimato. Dato che la nostra è una patologia cronica, che purtroppo procede per la sua strada anche in questo periodo, una fondata preoccupazione che si vada incontro a un prolungato periodo di attività fortemente limitata dei centri, o, peggio ancora, ad attività indifferibili portate avanti in condizioni di serio rischio, comincia ad affiorare.

È per ora una preoccupazione latente, ma grave: una tale eventualità metterebbe a repentaglio non solo i grandi progressi fatti dalla struttura sanitaria nazionale nel portare i centri FC a un livello di servizi elevato, ma anche il grande impegno di noi stessi e delle nostre famiglie per mantenere discreta la nostra salute, a prezzo di tante energie e sacrifici, in vista dell’arrivo di una cura, che per molti di noi già si profilava all’orizzonte.

È per questo che vorremmo chiedere a Lei e alla Società da Lei presieduta: quanto crede che questa situazione potrà impattare nello stato di salute dei pazienti italiani di fibrosi cistica? E quali sono le indicazioni di massima raccomandate dalla comunità scientifica della fibrosi cistica per il mantenimento dei livelli essenziali di cura dei pazienti FC anche in questi tempi travagliati?”

Lettera a cura di un paziente